Intorno a questa chiesetta di campagna (meglio definibile come oratorio) si celebra la festa di San Giuseppe.
Una volta l'edificio sacro, di proprietà della famiglia Ricci, sorgeva in aperta campagna. Oggi, grazie ai miglioramenti ambientali apportati, è circondato dall'asfalto e funge da spartitraffico.
Una volta l'edificio sacro, di proprietà della famiglia Ricci, sorgeva in aperta campagna. Oggi, grazie ai miglioramenti ambientali apportati, è circondato dall'asfalto e funge da spartitraffico.
L’epoca della sua primitiva costruzione deve risalire perlomeno al 1700. Sotto
il pavimento di questo piccolo luogo
sacro, infatti, sono state ritrovate delle ossa (presumibilmente di qualche componente
della ricca famiglia terriera).
In seguito alla promulgazione delle Leggi napoleoniche del 1804 (che vietavano la
tumulazione delle salme sotto il pavimento delle chiese) per l’oratorio iniziò
una lenta decadenza che culminò con il crollo del tetto e del muro posteriore.
Passarono decenni e passò anche la seconda guerra mondiale. Nell’aria si
sentiva voglia di rinascita e 4 amici (Giuseppe Rosati, Guglielmo Ricci, Luigi
Michetti e Silvio Iustini) residenti nella zona, con l’apporto di una
colletta, risistemarono il vetusto
edificio che fu leggermente ampliato con l'aggiunta di un'abside (parte rotondeggiante posteriore). L’opera fu eseguita da Quintino Natali e il rinato oratorio nel
1954 accolse la miracolosa statua della Madonna del Sabato Santo nella prima
“peregrinatio Mariae” .
Per vedere realizzata la prima festa di zona in onore di San Giuseppe bisogna
attendere il 1975, quando 3 giovani amici (Carlo Iampieri, Silvio Rosati e
Renato Di Fiore) decisero di festeggiare il Santo con una messa, un piccolo fuoco d’artificio e una gara
di magna-magna.
Negli anni seguenti i 3 baldi giovani furono aiutati da persone più mature e
così nacque la festa di San Giuseppe che si è potenziata e rinnovata nel corso
degli anni.
Adesso veleggia tranquilla e sicura, grazie all’apporto di un valido Comitato presieduto da Giancarlo Iampieri.
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