IL BLOG DEL RICORDO... DALLA PARTE DEL CITTADINO

venerdì 1 aprile 2022

POETA CORROPOLESE - audiovideo


Luigi Ciarpelli (Corropoli, 1950) è un poeta!
Come molti grandi poeti ha sofferto nella vita.
Da questa sofferenza, che l'ha colpito in giovane età, 
sgorga la sua grande vena poetica.
Fra le innumerevoli composizioni ne abbiamo scelto una autobiografica: 

"Giovanile disagio".
Lunga composizione che vale la pena di leggere e/o ascoltare.


Felice bambino giocavo 
con poveri oggetti
frutto di fantasia
fervida compagna
della mia fanciullezza. 
C'era il sole quel giorno
ed io affaccendato
fantasticavo
viaggi interminabili.
Improvvisamente un grido, 
dai campi un gemito:
due uomini con fatica
recavano un corpo di donna.
Era mia madre

caduta da un albero.
Rimasi di sasso
temendo tristi presagi.
La portarono a casa,

adagiata sul letto
soffriva senza lamenti,
una lacrima spuntava
sugli occhi neri
su quello sguardo
su cui rifletteva
tanto dolore.
Giunse il medico

che scuotendo la testa
"la schiena è fratturata"
disse;
la portarono via 
e per mesi non vidi
il suo sguardo.
Piangevo
e un peso greve
tagliava il respiro.
Lei era tutto il mio mondo
la mia completezza;
un grumo di sofferenza
si disperdeva negli arti. 
Il suo petto generoso
non si apriva ai richiami
di un bimbo infelice.
Il suo passo snello
non sconvolgeva
il battito del cuore.
Ora che scrivo
piango per allora
quando camminavo come automa.
Sedevo sul banco di scuola
e guardavo con fissità
i compagni di età
con cui prima giocavo sereno:
piccole statue chiassose
urlavano e correvano...
avevano la mamma|
Lei, dopo anni di atroci dolori
morì
lasciandomi solo
con la mia adolescenza.
Mi dicevo
che non potevo ridere
perché senza madre.
Il suo viso mi seguiva
nelle primavere fiorite
sotto gli alberi
dove sedevo ad ascoltare
il fruscio del vento.
Guardavo i pioppi
e lo stormire delle fronde,
aspettavo che tornasse
paziente per lunghi giorni
come l'attesa di un figlio
e il mio cuore batteva
in sintonia
col suo agile passo.
La madre è un dono
che il cielo ci ha dato
per gli anni inermi.
Passeggiavo sull'erba da fieno
accarezzando i fiori della lupinella
e la sera mi accasciavo

sul letto di sfoglie di granturco
sospiravo
con la testa sul cuscino.
Il mattino spuntava il sole opaco
che non mi diceva più nulla.
Poi venne la giovinezza
col suo impeto rigoglioso.
Instancabile
nelle ragazze cercavo la mamma,
ma esse chiedevano altro:
volevano il mio corpo
volevano il mio sesso.
E io davo il mio sesso
alla loro rapacità.
Poi tornavo ai libri
amici fedeli di quell'età.
Le carezze femminili
non mi bastavano.
Trascorrevo le notti
nelle bettole
ubriaco di vino e disperazione;
cantavo stonato con i netturbini
per riempire il vuoto dell'anima;
all'alba tornavo a casa
e mi buttavo su un letto ingrato.
Nei miei anni migliori
ho sparato parole
bestemmiando la sorte.
Uomo bambino
elemosinavo dolcezza,
timido e scontroso
figlio ostinato.

1 commento:

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